La vitamina D è un elemento fondamentale per la salute delle ossa, tuttavia per farne il pieno senza ricorrere a integratori è necessario fare incetta di pochi alimenti come l’olio di pesce, il fegato di alcuni animali e il tuorlo d’uovo; alternativamente il composto viene incamerato nel nostro corpo attraverso l’azione del sole sulla pelle, oppure consumando le prossime specie di pomodori che alcuni scienziati hanno geneticamente modificato per far si che incamerino tanta vitamina D quanto quella generalmente contenuta nelle uova. Una notizia che farà sicuramente gola anche ai vegani.
Il precursore della Vitamina D3 è il 7-deidrocolesterolo (7-DHC) che è anche presente nelle foglie del pomodoro e nei pomodori verdi, tuttavia, in seguito alla maturazione del frutto, si perde. Alcuni studiosi con a capo Cathie Martin, scienziata del John Innes Centre, sono però riusciti ad attivare la produzione di 7-DHC e ne spiega il processo: “La provitamina D3 viene sintetizzata nel pomodoro come intermedio nella produzione di colesterolo e alcaloidi steroidoglicilici [sostanze che agiscono contro gli agenti patogeni]. Abbiamo rimosso l’attività dell’enzima che converte il 7-DHC in colesterolo, il che ha permesso al 7-DHC di accumularsi in quantità elevate nelle foglie, ma anche in livelli più alti nei frutti verdi e persino in quelli maturi”.
Sottoponendo poi foglie e frutti ai raggi UVB, i ricercatori hanno convertito il 7-DHC in vitamina D in quantità mai rilevate prima in un vegetale. Le foglie hanno raggiunto una concentrazione di 200 microgrammi per grammo di foglia. Nei frutti, le quantità sono minori: 0,3 microgrammi per grammo in quelli verdi e 0,2 in quelli maturi. Secondo gli studiosi, una maggiore esposizione ai raggi ultravioletti, anche dato dall’essiccazione dei pomodori al sole, ne aumenterebbe ulteriormente la concentrazione. Lo stesso metodo potrebbe essere utilizzato per fare in modo che anche altre solanacee, come peperoni o melanzane, generino la provitamina. Le foglie di pomodoro, che ora vengono trattate come un rifiuto, potrebbero diventare un’ottima fonte di vitamina D. Fonte